Con le toppe alla sottana, viva viva la Befana!

Da bambina, lo confesso, avevo una spiccata predilezione per la Befana rispetto a Babbo Natale.
Forse perchè Babbo Natale non mi ha mai portato quello che chiedevo (me la sono legata al dito che non mi abbia
portato nè la pista delle macchinine nè l’automobile radiocomandata…).
O forse perchè Babbo Natale aveva un look così perfettino, una slitta magnifica, delle renne super trendy (una addirittura
con il naso luminoso), mentre la Befana, poverina, non aveva nemmeno le scarpe tutte intere.
Insomma, a me, questa Befana sbeffeggiata da tutti perchè brutta e malvestita, faceva una tenerezza immensa:
mica era colpa sua se madre natura le era stata matrigna!
A dire il vero un po’ di soggezione me la metteva, con la minaccia dei parenti ‘se non fai la brava la Befana ti porta il carbone’:
ma solo fino a quando ho scoperto che il carbone in verità zucchero colorato con il nero di seppia…
I regali che mi portava erano quasi sempre ‘cose per la scuola’, cioè astucci, scatole di colori, libri.
Insomma, di fronte ai regali di Babbo Natale, giocattoli, bellissimi, ma pur sempre giocattoli, la Befana era
quella che portava che le cose che servivano, cose serie: la Befana era una persona proprio a modo!
Le mie sorelle storcevano un po’ il naso e mi lanciavano sguardi di compatimento perchè io quei regali
li adoravo: sono sempre stata la ‘pazza’ che amava la scuola, la ‘secchiona’…
e probabilmente anche questa mia preferenza per la vecchietta con la scopa fa parte della mia lieve follia.
Ma è la calza che mettevamo sul piano cottura (in assenza di un camino) il ricordo più netto e pieno di tenerezza.
Innanzitutto usavamo un vero calzettone dei nostri, magari dei più nuovi o dei più eleganti.
E io vincevo facile sulla quantità che vi si poteva contenere, visto che avevo già il 37 in terza elementare!
Con gli anni avevo imparato a farmi furba e usavo direttamente un tubulare da ginnastica, che era di almeno due numeri in più.
La mattina del 6 trovavamo il calzettone pieno fino all’orlo di arance, mandarini, arachini, noci e….attrezzi della cucina assortiti!
Ci capitava di estrarre uno schiaccianoci o un batticarne. Pesantissimi, inutili, sottratti al cassetto della cucina, e in cui poi li riponevamo fra le risate
e definendo la Befana decisamente ‘fuori di testa’ se invece dei dolci riempiva le calze con quelle cose.
In realtà era mia nonna che ogni anno faceva questo scherzo: ci ricordava che da piccola davvero non avevano di che riempire le calze della Befana e la povertà
vissuta da bambina non la dimentichi più. Noi eravamo la generazione fortunata, che poteva avere persino le decorazioni di vetro all’albero di Natale!

Negli anni le tradizioni sono un po’ cambiate, ora le calze le troviamo già confezionate nei negozi, ma la figura della Befana non è mai passata di moda.
Gli emigrati italiani in USA per esempio la tramanda alle nuove generazioni come tradizione tipica italiana, insieme ai biscotti casalinghi.

E pensare che la storia della Befana è legata i Re magi: narra la leggenda che i Re Magi si fossero persi (e qui qualcuno potrebbe fare
la facile battuta, essendo tre uomini…) e disperati chiesero indicazioni ad una vecchietta,
la quale poi, incuriositasi dal racconto della nascita di questo prodigioso bambino, li volle accompagnare.
Chiese di poter andare a preparare un po’ di regali e quindi rientrò in casa a riempire un sacco.
Uscita di nuovo, forse aveva impiegato un po’ di più dei ‘5 minuti e scendo’ e scoprì che i Magi erano partiti, senza di lei!
Così inforcò la sua scopa volante cercando di inseguirli, ma non sapeva dove fosse la capanna con Gesù (forse la stella cometa l’avevano già spenta? forse era una notte nebbiosa? dubbi legittimi…).
Nel suo girovagare bussò a tutte le case portando regali, nella segreta speranza
di trovare dietro ad una porta, finalmente, il Bambinello Gesù.
E quindi il carbone che lascia ai bimbi birichini in realtà tradisce la sua delusione per aver, di nuovo, sbagliato casa.

La Befana poi diventa simbolo dell’anno vecchio, e quindi da buttare alle spalle: in molte zone infatti c’è il rogo delle Befane. A Decima si dice ‘A brusa la Vecia!’ intorno al rogo,
come auspicio: buttiamo il vecchio anno e le sue sventure e speriamo che quello nuovo porti fortuna!

Di certo c’è che il nome Befana è, con ottima probabilità, una variante del termine Epifania, che significa ‘manifestazione’: nello specifico l’Epifania è la manifestazione, la prima apparizione in pubblico, di Gesù, appena nato e già riconosciuto dai tre Re Magi come Re (infatti i tre doni, oro, incenso e mirra, simboleggiano rispettivamente la natura regale, la natura divina e la morte gloriosa di Gesù stesso)!

E fra tutti questi racconti, che tengono vivo il passato fatto di ricordi familiari e racconti, miti e storie religiose,
anche a Cento e nelle frazioni, sono tante le occasioni per festeggiare l’arrivo della buona vecchietta.
Come di consueto trovate tutti gli appuntamenti nel calendario.